
Ho sentito diversi youtuber commentare il libro, Il Pescatore, e alcuni ne hanno parlato molto bene, altri molto, ma molto male. A me intrigava abbastanza e così l’ho letto.
Il libro
“Il Pescatore”, il cui titolo originale, in inglese è: The Fisherman, è un libro horror, vincitore del prestigioso “Bram Stoker Award”, scritto da Jhon Langan del 2016 ma uscito in Italia solo nel 2024, nella collana “Caronte” per Zona 42, curata da Luigi Musolino. Il libro è stato tradotto da Alice Rossi mentre il progetto grafico e la copertina sono a cura di Annalisa Antonini.
La storia
Abe è un uomo che sta vivendo un grande dolore causato dalla morte della moglie, Marie. Per cercare conforto si butta su un suo vecchio hobby, la pesca, praticato negli anni della gioventù in maniera piuttosto grossolana visto che il padre, con cui andava, ne aveva una conoscenza che definire approssimativa è alquanto riduttivo, comunque, fatto sta che dopo la perdita della sua amata Marie, dopo solo due anni di matrimonio, la pesca diventa il suo interesse principale. Abe è un analista di sistema, un informatico che lavora per una grande azienda. Un giorno, Dan, un suo collega, non si presenta in ufficio, scopriranno il successivo che Dan è stato vittima di una grave incidente stradale nel quale hanno perso la vita la moglie e i due bambini piccoli. In seguito alla tragedia, i due, Abe e Dan si avvicinano, accomunati dal dolore per le loro perdite e da un hobby che diviene la principale fonte di svago per entrambi. Nelle loro scorribande pescherecce, vengono a conoscenza di una storia accaduta molti anni prima, in un luogo in cui decidono di andare a pescare.
La scrittura
Lo stile è semplice e asciutto, diretto quanto basta ma non banale, Jhon Langan, per i miei gusti, scrive bene, le descrizioni, prevalenti rispetto ai dialoghi, sono funzionali, mai esagerate e dettagliate al punto giusto, ovvero a seconda della necessità, cosa questa, dal mio punto di vista, molto apprezzabile in quanto spesso si parla, nel mondo della scrittura di quanto debba essere descrittivo un autore, per alcuni molto, per altri poco ma secondo me la verità sta nell’utilizzo che se ne fa, non solo nel testo a livello complessivo ma anche a più “velocità”, rispetto alle varie parti che compongono il testo stesso. È evidente inoltre che se la storia rende così bene, è anche e soprattutto merito della traduzione. Se Jhon Langan scrive bene, Alice Rossi traduce altrettanto bene.
Cosa ne penso
Jhon Langan ha scritto, a parer mio, una storia molto interessante, originale e avvincente. È un capolavoro? Probabilmente no ma è un gran bel libro che si legge benissimo, scorre a meraviglia e tocca corde emotive molto profonde. Tratta della perdita di persone care ma lo fa nel modo giusto, mostrando al lettore la vita interiore del protagonista e la necessità di “sopravvivere” a un evento dilaniante. L’autore non indugia troppo in facili piagnistei ma ti conduce nel dolore in punta di piedi e tu, come essere umano, rispondi interiormente alle necessità emotive del protagonista, alla sofferenza, al placare il dolore con la distrazione di un interesse che possa tenere impegnati, al terrore che successivamente dovrà essere affrontato.
Nella fase centrale si narra una seconda storia cioè una storia nella storia. L’espediente è utilizzato bene e consente di produrre lo stato d’animo adatto e le informazioni utili per il lettore che si inoltrerà nella parte conclusiva della storia, unendo il presente al passato e mostrando finalmente il quadro complessivo. Ecco, questa storia nella storia, comunque bella, l’ho trovata un po’ meno efficace e di poco meno scorrevole rispetto alla fase iniziale e alla fase conclusiva ma trattasi solo di gusto personale dettato dalla voglia di proseguire con le vicende del presente narrate in prima persona da Abe.
Nel complesso, il libro lascia quel giusto, per un horror, senso di angoscia, ma stranamente, alla fine della storia, quando tutto è compiuto mi è rimasto anche un “anomalo” senso di nostalgia. A questo punto, Abe lo si percepisce come un amico, non un eroe, un avventuriero o cose del genere ma un amico normalissimo, uno con le quali scambieresti volentieri due chiacchiere davanti alla macchinetta del caffè e per il quale, empaticamente, provi un po’ del suo dolore.
Se può interessare, ecco i link ai miei libri:
Paride Royl e la Lanterna dei Sogni Perduti