Nel monolito nero, Nathan Never, si ritrova come nemico un uomo che vuole sfruttare la credulità popolare per fare quattrini e per evitare di essere scoperto, costui deve far sparire un famoso film del passato di cui è rimasta una sola copia e se la contenderà con un ricco collezionista senza scrupoli.
La copertina
La copertina che è sempre fondamentale perché da sola può fare mezzo albo nel senso che in molti casi si decide di acquistare un fumetto in base a quanto attrae la copertina; nel caso in cui siate dei lettori acquisiti, no, è ovvio, ma per i nuovi direi proprio di sì e in questo caso, per me, che non sono un esperto ma un appassionato, la copertina è molto bella ed efficace.
I disegni
I disegni anche in questo secondo numero mantengono la capacità di restituire atmosfere alla Blade Runner e mi sembra che ci sia un miglioramento soprattutto nei primi piani dei personaggi e in particolare del protagonista.
La storia
La storia mi è piaciuta un pò meno del primo episodio ma molto interessante e apprezzabile è l’omaggio a Stanley Kubrick e al suo film forse più rappresentativo e famoso: 2001 Odissea nello spazio.
Stanley Kubrick
Stanley Kubrick è stato uno dei registi più importanti della storia del cinema e oltre a, 2001: Odissea nello spazio vanta titoli celeberrimi come, Spartacus, Il dottor Stranamore, Arancia meccanica, Shining e Full metal Jacket.
I mutati
Si introducono anche i mutati, cioè esseri di tipo umanoide creati in laboratorio; anche se poi ne è stata vietata la produzione, quelli esistenti vivono ai margini della società diventando così manovalanza per la criminalità più o meno organizzata.
Nel complesso, questo episodio mi è piaciuto ma noto un calo della storia rispetto al primo episodio, nel senso che cattura un pò meno l’interesse del lettore.
Albo: Nathan Never n°2 Editore: Sergio Bonelli Editore Titolo: Il monolito nero Ideazione: Medda, Serra & Vigna Soggetto e sceneggiatura: Antonio Serra, Michelle Medda e Bepi Vigna Disegni: Germano Bonazzi Lettering: Francesca Piovella Copertina: Claudio Castellini
Ho deciso di tornare a leggere Nathan Never di cui avevo letto alcuni episodi anni fa; mi sono quindi messo alla ricerca dei numeri precedenti per recuperare l’intera saga e sono riuscito a trovare un collezionista che mi ha venduto oltre 200 numeri, i primi 213 per l’esattezza, delle avventure futuristiche dell’eroe bonelliano mentre gli altri numeri li prenderò direttamente sul sito della Bonelli ma per ora sono a posto; naturalmente continuo a prendere le regolari uscite mensili.
Ma chi è Nathan Never?
Ma chi è Nathan Never? È il personaggio di uno dei fumetti editi dalla Sergio Bonelli Editore e dal lontano 1991 è andato a colmare un vuoto editoriale per la mancanza di una storia e un personaggio della fantascienza. L’albo si ispira evidentemente al film del 1982, Blade Runner riportando su tavole le atmosfere cupe e distopiche del cult interpretato da Harrison Ford.
Agente speciale Alfa
Il primo albo della serie si intitola; Agente speciale Alfa e tratta subito il tema dei robot come si può capire dalla splendida copertina di Claudio Castellini e come dicevamo in precedenza richiama direttamente il tema e le atmosfere di Blade Runner.
City News
Bonelli utilizza un simpatico stratagemma per introdurre al lettore, il tema del fumetto e cioè pubblica un articolo del giornale, dell’universo di Nathan Never; City News. L’articolo in questo primo numero ha per titolo: AL SERVIZIO DEL CITTADINO,Parla Edward reiser, direttore dell’Agenzia Alfa. L’articolo quindi, in questo primo numero viene usato per dare informazioni sull’agenzia.
La scheda tecnica in terza di copertina
Molto interessante anche la scheda tecnica a fine fumetto che spiega il funzionamento di macchine, strumenti e attrezzature usate nelle storie, in questo caso dell’Esoscheletro potenziato MS2, un robot a guida umana adibito al mantenimento dell’ordine pubblico.
La mia opinione
Sono contento di aver preso i fumetti di Nathan Never e il mitico numero 1, per quanto mi riguarda, non delude le aspettative. La storia è buona così come lo sono i disegni. Leggendo il fumetto in questione e l’editoriale di Sergio Bonelli, si comprende come il team di ideatori, scrittori e disegnatori abbiano prodotto un mondo fantascientifico già completo a partire dal primo numero, facendo un grande lavoro di progettazione della saga. Interessante la citazione del protagonista, delle tre leggi della robotica ideate dallo scrittore di fantascienza Isasc Asimov. Certo, nel lontano giugno del 1991, quando uscì la serie, eravamo ancora lontani dal problema dei robot integrati nella nostra società ma oggi non è più così e forse sarebbe opportuno riflettere sulle leggi della robotica, prima che sia troppo tardi.
Prima legge
Un robot non può recare danno agli esseri umani ne permettere che gli esseri umani ricevano danno a causa di un suo mancato intervento.
Seconda legge
Un robot deve obbedire agli ordini degli esseri umani a patto che tali ordini non contrastino con la prima legge.
Terza legge
Un robot deve salvaguardare la propria esistenza purché ciò non contrasti con la prima e la seconda legge.
Quando si parla di fumetti italiani, inevitabilmente si parla dei fumetti Bonelli. Non importa se sia stato o no il primo a fare fumetti in Italia ma nell’immaginario collettivo è il primo e sicuramente il più importante produttore di fumetti.
Tex
Tex è certamente il personaggio di punta in casa Bonelli e fa un po’ parte di quel gruppo di eroi che seguivo da ragazzino, almeno per quanto riguarda i fumetti di casa nostra. Tex è il simbolo non solo della Sergio Bonelli Editore S.P.A. ma di un’intera generazione e di un modo di vivere che ormai non esiste più. Sì, perché Tex era un eroe del west e a quei tempi, diciamo tra gli anni sessanta e ottanta, il west andava forte, nei fumetti e al cinema, beh a onor del vero, negli anno ottanta al cinema, non più tanto. Poi, oltre a essere un eroe dei fumetti e del west, era anche il simbolo di un divertimento stranissimo, guardare dei disegni con attaccate delle nuvole in cui si possono leggere le parole pronunciate dai personaggi. Un’altra era, eppure ancora si stampano fumetti, non tanti come prima ma si stampano.
Gli altri bonelli
Oltre a Tex, per quanto riguarda i fumetti italiani, leggevo “Il comandante Mark”, “Il piccolo ranger” e il mio preferito, Zagor. Escludendo il coamndante Mark che era ambientato nel 1700, gli altri due erano ambientati nel mondo del far west. Inizialmente, volendo tornare a leggere fumetti (dopo molti anni), ho optato per i manga che mi sembravano molto interessanti, soprattutto perché le storie non sono infinite ma si concludono. Ora però sento il bisogno di tornare a leggere un pò di fumetti classici, italiani, tra quelli che intendo leggere, alcuni ne ho già letti in passato, ci sono Dylan Dog, Martine Mystere e Nathan Never. Dylan Dog e Nathan Never, come dicevo, già li conosco e Martine Mystere, solo di nome. Ma perché tornare a leggere il fumetto italiano e “bonelliano”, quando i manga sono molto più moderni e in linea con il mondo attuale e inoltre hanno, per me, delle indiscusse qualità, come storie che finiscono, gente che muore, cose che cambiano? Essenzialmente per due motivi, il primo sono i disegni, sicuramente sarà un problema mio ma i personaggi dei manga si confondono un pò e questo infastidisce la mia lettura. Il secondo motivo e che mi piace il formato un po’ più grande 16×21, con tavole più “pulite” e un formato simile a quello dei libri, rispetto al classico formato manga 12×18. Queste mie preferenze mi fanno apprezzare maggiormente l’esperienza di lettura dei fumetti, in quanto alle storie mi riservo di parlarne man mano che le letture proseguiranno.
Le sfide del fumetto italiano
Negli anni, i personaggi e gli albi editi da Bonelli, sono diventati tanti, ne cito qualcuno, solo a titolo di esempio:
Mister No, un ex combattente della seconda guerra mondiale che sceglie di allontanarsi dalla civiltà e guidare i turisti nei cieli della giungla amazzonica degli anni cinquanta.
Il cacciatore di killer, Morgan Lost
Dragonero, cacciatore di draghi.
Dampyr, figlio di un vampiro e di una donna umana.
Julia, la criminologa.
Lo sciamano bianco, Magico Vento.
E molti altri ma voglio segnalare un albo molto interessante, Le Storie. Basato su storie e protagonisti sempre diversi.
Una grande ricchezza quindi di storie e personaggi ma penso, e non credo di sbagliarmi di molto, che il fumetto in Italia ma probabilmente anche nel resto del mondo, abbia un problema, anzi più d’uno ma il più importante è la sopravvivenza. In un mondo che viaggia a velocità pazzesche, leggere nuvole d’inchiostro con disegni stampati su carta sembra roba preistorica e probabilmente lo è ma questo non significa che non possa avere un’attrattiva oppure che non possa veicolare valori o del sano divertimento. Sono convinto che se tanti della mia generazione leggono libri, questo è dovuto anche, in buona parte, al mondo del fumetto che ci ha trasmesso l’amore per la lettura poi, la curiosità, la voglia di conoscenza, la passione per l’arte e la crescita sia esteriore che interiore, hanno fatto il resto. Il fumetto è stata la prima lettura di tantissimi ragazzini che in seguito, come me, sono passati alle riviste, ai quotidiani e naturalmente ai nostri tanto amati libri.
La seconda sfida che il fumetto ha davanti, credo che riguardi il modo in cui vengono concepite le storie che devono essere fatte per finire, le persone muoiono e le cose cambiano questo io credo che sia legato a doppio nodo con la sfida precedente. Non bisogna aver paura di non avere più il personaggio, una bella saga scritta, resta scritta, può vendere a diverse generazioni, avremmo inoltre più personaggi e un maggiore appeal tra i giovanissimi.
La terza sfida riguarda l’esigenza di non scimmiottare il mercato d’oltreoceano, non dobbiamo creare storie o saghe fotocopia ma sfruttare il genio e la sregolatezza all’italiana.
Leggete italiano
Oltre ai fumetti Bonelli ci saranno realtà meno note o anche autori autoprodotti che io non conosco ma penso che sia importante leggere italiano. Leggete e leggete italiano; il fumetto può essere molto distensivo e anche molto istruttivo, il livello dei disegnatori oggi è molto alto e le rappresentazioni sono straordinarie. Possiamo contribuire alla rinascita di un’arte fantastica che potrà dare gioia e impulso alle generazioni future. Solleviamo la testa dai telefoni, torniamo a un intrattenimento anche più interiore, integriamo le forme d’arte e di intrattenimento del passato nel nostro arsenale, vastissimo, di giochi e divertimenti. Se avete dei figli, provate a regalargli un “giornaletto”, se si appassionerà contribuirete a formare persone migliori e ve ne saranno grati in eterno. È vero che i fumetti oggi costano molto di più che in passato ma è altrettanto vero che anche tutto il resto costa di più; con l’equivalente di quattro caffè, potete comprare un albo mensile, dieci albi mensili costano quanto un videogioco e se fumate… che ve lo dico a fare.
Un’ultima segnalazione, Bonelli Digital Classic, i fumetti Bonelli in digitale, acquistabili con un abbonamento annuale.
Insomma io voglio tornare a leggere fumetti italiani, sono convinto che vadano sostenuti e penso che potranno essere una risorsa importante e una ricchezza da preservare per le generazioni future e voi cosa ne pensate?
La storia in breve: dei demoni chiamati Ghoul infestano la città di Tokyo. Questi esseri hanno delle capacità fisiche superiori a qualsiasi essere umano, sono più agili, più veloci e possiedono un vero e proprio “organo predatorio” che usano per cacciare umani e cibarsene. Escrescenze che fuoriescono dai loro corpi, di solito dalla schiena, e che possono essere usate come lame per ferire, tagliare, sgozzare, tranciare, decapitare e tante di queste belle cosette. Queste “armi”, quando non usate, rientrano nel corpo di questi demoni, rendendosi invisibili, inoltre sono malleabili, si allungano, si espandono e possono essere più o meno elastiche, più o meno rigide, insomma sono molto ma molto versatili. Naturalmente per contrastare i Ghoul, c’è il comando investigativo anti-ghoul. Investigatori speciali, preparati con il preciso scopo di trovare e arrestare o eliminare i Ghoul che di fatto, sono in cima alla catena alimentare e più mangiano umani, più diventano forti.
Okay, da vecchio lettore di fumetti (ex lettore DC/Marvel/Bonelli), devo dire che i manga mi piacciono. Ho già avuto modo di dire che per me le storie, tutte le storie, a prescindere dal mezzo attraverso il quale vengono divulgate, devono avere tre, e dico tre, caratteristiche importanti.
1° Se muori devi rimanere morto!
Almeno che tu non sia uno zombie, Lazzaro o il prodotto di uno sceneggiatore sparafleshato, devi rimanere morto. Non è che muori e poi, perché ti gira il chicchero, ritorni tra i viventi; a parte che dal punto di vista giuridico non è neanche possibile fare retromarcia, voglio dire, come fai a cancellare il certificato di morte e ripristinare quello di esistenza in vita. Cioè, alla fine uno potrebbe anche tornare ma lo scoglio impossibile da superare è quello burocratico, almeno in Italia. Per non parlare del funerale, le spese e il posto al cimitero. Chi glielo dice ai parenti, al prete che tra l’altro è l’unico che non ci crederà mai. Già mi vedo i direttori delle varie onoranze funebri, non staranno nella pelle sapendo che alla stessa persona possono fare più di un funerale, inventeranno sicuramente una sorta di abbonamento “noi ti facciamo il funerale e tu paghi quando ritorni“. Insomma salvo casi particolari e necessari per lo svolgimento e le logiche della storia, secondo me non si torna indietro. Se stai raccontando di un miracolo, può starci che il tale personaggio torni in vita ma occorre valutare attentamente le modalità con cui avviene, tenendo conto che sicuramente riportare in vita una persona è il miracolo supremo ma possono essercene altri, come per esempio evitare che un malato terminale muoia o salvare una persona ridotta in fin di vita. Molto spesso, quando si riciclano personaggi defunti, ho come l’impressione che sia per mancanza di idee o per paura di perdere consensi. Tutto ciò naturalmente sta anche a significare che le cose accadono e non si può tornare indietro a meno che tu non sia Marti McFly.
2° Il tempo passa per tutti
Non è un detto popolare da sciorinare al bar dopo il quarto peroncino ma un dato di fatto. Non può essere che l’eroe di turno non cresca, non invecchi e via dicendo. Non è accettabile che i vari buontemponi in calzamaglia continuino a combattere gli stessi nemici di generazione in generazione; c’è gente che quasi raggiunta l’illuminazione, decide di tornare sulla terra per finire la propria serie preferita senza sapere che avrà bisogno di più di qualche incarnazione; che ci crediate o no questo è uno dei maggiori ostacoli alla remissione del karma. Il tempo passa per tutti, buoni e cattivi e questo tra l’altro significa anche che se tu scrivi una bella storia che funziona, apprezzata dal pubblico e a cui vuoi giustamente dare un seguito, forse sarebbe più opportuno permettere alla storia e ai personaggi di evolvere e di cambiare invece di riproporre gli stessi meccanismi usati in precedenza. Certo che è un rischio ma se devo leggermi il secondo libro di una serie e questo ripercorre esattamente i meccanismi e l’architettura della prima, onestamente mi rileggo il primo. Poi, per carità ci sono scrittori abilissimi che continuano a scrivere sempre la stessa storia; se questo piace al pubblico, va bene così.
3° Tutto finisce prima o poi
Possibilmente, non troppo poi. E qui torniamo ai manga che rispetto ai fumetti occidentali hanno una loro “vita naturale” al termine della quale finiscono, come qualsiasi altra cosa; perfino i più grandi corpi celesti hanno una vita astronomica di “qualche” miliardo di anni al massimo. Dunque non può essere che mio nipote continuerà a leggere le avventure di Superman o Spiderman come se il tempo per loro si fosse fermato; casomai rileggerà vecchie edizioni o nuove ristampe delle vecchie storie.
Ma, Tokyo Ghoul?
Sì scusa ma mi premeva spiegare alcune cose così potrai anche comprendere meglio quanto scrivo non solo sui manga ma sulle storie in genere. Ora, tornando a Tokyo Ghoul, la prima cosa che guardo in una storia è l’idea, per me deve essere intrigante e l’idea che sta dietro a questo manga è abbastanza intrigante. Sì okay, lo so, si potrebbe dire:”niente di nuovo sotto al sole”, in fondo si tratta sempre del caro vecchio mostro di Frankesnteiniana memoria con qualche contaminazione a base di demoni, un pizzico di fantascienza e il gioco è fatto ma il taglio dell’opera è decisamente moderno e me lo fa apparire piuttosto innovativo. Ma è giusto che tu tenga in considerazione anche il fatto che ho letto pochi manga. Dicevamo, l’idea non mi dispiace, la storia non è male ed evolve quel tanto che basta per farla decollare ma ci sono alcune cose che non mi quadrano.
Il personaggio principale, Kaneki, non mi convince fino in fondo. Avrei gradito una maggiore introspezione del personaggio che avrebbe dovuto subire lacerazioni profonde all’interno della sua anima (la metto così per non fare spoiler ma se l’hai letto, mi capisci, se non l’hai letto, capirai quando lo leggerai).
Gli investigatori anti-ghoul, che sono detti, in gergo, colombi, mi sembrano, in alcuni casi, fin troppo giovani. Ora, se si tratta di combattenti ha senso perché devono essere al massimo delle loro capacità fisiche ma se si tratta di investigatori veri e propri beh, in tal caso io ingaggerei gli agenti migliori e più esperti provenienti da svariati corpi speciali, di pubblica sicurezza e dall’esercito.
Il finale (che non ti rivelerò), non mi è piaciuto o meglio non mi ha soddisfatto fino in fondo.
A queste aggiungo una cosa che forse dipenderà da me ma non ne sono certo. In alcuni casi, faccio fatica a distinguere alcuni personaggi che tra loro mi sembrano molto simili e nelle scene di lotta, non sempre riesco a capire come si muovono i Ghoul con i loro Kagune che come dicevo prima sarebbe il loro micidiale organo predatorio.
Per concludere, Tokyo Ghoul non sarà un capolavoro ma resta una buona lettura con diverse scene spassose. Menzione d’onore per il personaggio Kazuichi Banjou. Mi è piaciuto molto.
Cosa fareste voi se trovando un quaderno scopriste che si tratta di uno strumento potentissimo, appartenente a un dio della morte? E cosa fareste se vi dicessero che scrivendoci sopra il nome di qualcuno, questi morirebbe entro poco tempo? Questa è l’idea che sta dietro alla storia del fumetto scritto da Tsugumi Oba e disegnato da Takeshi Obata. Il manga e ben disegnato, l’idea è intrigante e soprattutto la storia non dura in eterno. Sì, questa è la cosa o almeno una delle cose che più mi piacciono dei manga. La storia ha un inizio, una sua evoluzione e sembrerà incredibile ma finisce. E già, perché poi uno si domanda: ma possibile che i personaggi dei fumetti restino bloccati in un eterno presente? Cosa che succede per la stragrande maggioranza delle storie dei fumetti italiani e americani. Molti degli eroi più famosi dei fumetti dovrebbero essere ormai vecchi e stanchi se non morti; per non parlare delle trovate per riesumarli come improbabili rinascite, universi alternativi e chi più ne ha più ne metta; va bene che parliamo di fantasia ma almeno dal punto di vista editoriale… Va bene, comunque stavamo parlando di Death Note. A parte qualche scelta, secondo me un pò azzardata, nel senso che in alcuni casi la logica del racconto è un pò stiracchiata perché in un contesto “reale”, i protagonisti, correrebbero sicuramente meno rischi… ma sarebbe stato anche meno divertente. Di qui la sfida del raccontare una storia realistica e avvincente, d’altronde, l’autore detta le regole e il lettore ne vive la storia seguendole ma a volte alcune cose non quadrano e non si può fare a meno di vederle. Detto ciò, il manga è molto bello, divertente e pieno di spunti di riflessione in un ambientazione in cui il bene e il male si confondono e qui sta la sfida per il lettore che è chiamato a rispondere, solo e unicamente a sé stesso, alla seguente domanda: Tu lo useresti il quaderno della morte?