Il blog di Vincenzo Valenza

Tag: Manga

Tokyo Ghoul

La storia in breve: dei demoni chiamati Ghoul infestano la città di Tokyo. Questi esseri hanno delle capacità fisiche superiori a qualsiasi essere umano, sono più agili, più veloci e possiedono un vero e proprio “organo predatorio” che usano per cacciare umani e cibarsene. Escrescenze che fuoriescono dai loro corpi, di solito dalla schiena, e che possono essere usate come lame per ferire, tagliare, sgozzare, tranciare, decapitare e tante di queste belle cosette. Queste “armi”, quando non usate, rientrano nel corpo di questi demoni, rendendosi invisibili, inoltre sono malleabili, si allungano, si espandono e possono essere più o meno elastiche, più o meno rigide, insomma sono molto ma molto versatili. Naturalmente per contrastare i Ghoul, c’è il comando investigativo anti-ghoul. Investigatori speciali, preparati con il preciso scopo di trovare e arrestare o eliminare i Ghoul che di fatto, sono in cima alla catena alimentare e più mangiano umani, più diventano forti.

Okay, da vecchio lettore di fumetti (ex lettore DC/Marvel/Bonelli), devo dire che i manga mi piacciono. Ho già avuto modo di dire che per me le storie, tutte le storie, a prescindere dal mezzo attraverso il quale vengono divulgate, devono avere tre, e dico tre, caratteristiche importanti.

1° Se muori devi rimanere morto!

Almeno che tu non sia uno zombie, Lazzaro o il prodotto di uno sceneggiatore sparafleshato, devi rimanere morto. Non è che muori e poi, perché ti gira il chicchero, ritorni tra i viventi; a parte che dal punto di vista giuridico non è neanche possibile fare retromarcia, voglio dire, come fai a cancellare il certificato di morte e ripristinare quello di esistenza in vita. Cioè, alla fine uno potrebbe anche tornare ma lo scoglio impossibile da superare è quello burocratico, almeno in Italia. Per non parlare del funerale, le spese e il posto al cimitero. Chi glielo dice ai parenti, al prete che tra l’altro è l’unico che non ci crederà mai. Già mi vedo i direttori delle varie onoranze funebri, non staranno nella pelle sapendo che alla stessa persona possono fare più di un funerale, inventeranno sicuramente una sorta di abbonamento “noi ti facciamo il funerale e tu paghi quando ritorni“. Insomma salvo casi particolari e necessari per lo svolgimento e le logiche della storia, secondo me non si torna indietro. Se stai raccontando di un miracolo, può starci che il tale personaggio torni in vita ma occorre valutare attentamente le modalità con cui avviene, tenendo conto che sicuramente riportare in vita una persona è il miracolo supremo ma possono essercene altri, come per esempio evitare che un malato terminale muoia o salvare una persona ridotta in fin di vita. Molto spesso, quando si riciclano personaggi defunti, ho come l’impressione che sia per mancanza di idee o per paura di perdere consensi. Tutto ciò naturalmente sta anche a significare che le cose accadono e non si può tornare indietro a meno che tu non sia Marti McFly.

2° Il tempo passa per tutti

Non è un detto popolare da sciorinare al bar dopo il quarto peroncino ma un dato di fatto. Non può essere che l’eroe di turno non cresca, non invecchi e via dicendo. Non è accettabile che i vari buontemponi in calzamaglia continuino a combattere gli stessi nemici di generazione in generazione; c’è gente che quasi raggiunta l’illuminazione, decide di tornare sulla terra per finire la propria serie preferita senza sapere che avrà bisogno di più di qualche incarnazione; che ci crediate o no questo è uno dei maggiori ostacoli alla remissione del karma. Il tempo passa per tutti, buoni e cattivi e questo tra l’altro significa anche che se tu scrivi una bella storia che funziona, apprezzata dal pubblico e a cui vuoi giustamente dare un seguito, forse sarebbe più opportuno permettere alla storia e ai personaggi di evolvere e di cambiare invece di riproporre gli stessi meccanismi usati in precedenza. Certo che è un rischio ma se devo leggermi il secondo libro di una serie e questo ripercorre esattamente i meccanismi e l’architettura della prima, onestamente mi rileggo il primo. Poi, per carità ci sono scrittori abilissimi che continuano a scrivere sempre la stessa storia; se questo piace al pubblico, va bene così.

3° Tutto finisce prima o poi

Possibilmente, non troppo poi. E qui torniamo ai manga che rispetto ai fumetti occidentali hanno una loro “vita naturale” al termine della quale finiscono, come qualsiasi altra cosa; perfino i più grandi corpi celesti hanno una vita astronomica di “qualche” miliardo di anni al massimo. Dunque non può essere che mio nipote continuerà a leggere le avventure di Superman o Spiderman come se il tempo per loro si fosse fermato; casomai rileggerà vecchie edizioni o nuove ristampe delle vecchie storie.

Ma, Tokyo Ghoul?

Sì scusa ma mi premeva spiegare alcune cose così potrai anche comprendere meglio quanto scrivo non solo sui manga ma sulle storie in genere. Ora, tornando a Tokyo Ghoul, la prima cosa che guardo in una storia è l’idea, per me deve essere intrigante e l’idea che sta dietro a questo manga è abbastanza intrigante. Sì okay, lo so, si potrebbe dire:”niente di nuovo sotto al sole”, in fondo si tratta sempre del caro vecchio mostro di Frankesnteiniana memoria con qualche contaminazione a base di demoni, un pizzico di fantascienza e il gioco è fatto ma il taglio dell’opera è decisamente moderno e me lo fa apparire piuttosto innovativo. Ma è giusto che tu tenga in considerazione anche il fatto che ho letto pochi manga. Dicevamo, l’idea non mi dispiace, la storia non è male ed evolve quel tanto che basta per farla decollare ma ci sono alcune cose che non mi quadrano.

Il personaggio principale, Kaneki, non mi convince fino in fondo. Avrei gradito una maggiore introspezione del personaggio che avrebbe dovuto subire lacerazioni profonde all’interno della sua anima (la metto così per non fare spoiler ma se l’hai letto, mi capisci, se non l’hai letto, capirai quando lo leggerai).

Gli investigatori anti-ghoul, che sono detti, in gergo, colombi, mi sembrano, in alcuni casi, fin troppo giovani. Ora, se si tratta di combattenti ha senso perché devono essere al massimo delle loro capacità fisiche ma se si tratta di investigatori veri e propri beh, in tal caso io ingaggerei gli agenti migliori e più esperti provenienti da svariati corpi speciali, di pubblica sicurezza e dall’esercito.

Il finale (che non ti rivelerò), non mi è piaciuto o meglio non mi ha soddisfatto fino in fondo.

A queste aggiungo una cosa che forse dipenderà da me ma non ne sono certo. In alcuni casi, faccio fatica a distinguere alcuni personaggi che tra loro mi sembrano molto simili e nelle scene di lotta, non sempre riesco a capire come si muovono i Ghoul con i loro Kagune che come dicevo prima sarebbe il loro micidiale organo predatorio.

Per concludere, Tokyo Ghoul non sarà un capolavoro ma resta una buona lettura con diverse scene spassose. Menzione d’onore per il personaggio Kazuichi Banjou. Mi è piaciuto molto.

Death Note

Cosa fareste voi se trovando un quaderno scopriste che si tratta di uno strumento potentissimo, appartenente a un dio della morte? E cosa fareste se vi dicessero che scrivendoci sopra il nome di qualcuno, questi morirebbe entro poco tempo? Questa è l’idea che sta dietro alla storia del fumetto scritto da Tsugumi Oba e disegnato da Takeshi Obata. Il manga e ben disegnato, l’idea è intrigante e soprattutto la storia non dura in eterno. Sì, questa è la cosa o almeno una delle cose che più mi piacciono dei manga. La storia ha un inizio, una sua evoluzione e sembrerà incredibile ma finisce. E già, perché poi uno si domanda: ma possibile che i personaggi dei fumetti restino bloccati in un eterno presente? Cosa che succede per la stragrande maggioranza delle storie dei fumetti italiani e americani. Molti degli eroi più famosi dei fumetti dovrebbero essere ormai vecchi e stanchi se non morti; per non parlare delle trovate per riesumarli come improbabili rinascite, universi alternativi e chi più ne ha più ne metta; va bene che parliamo di fantasia ma almeno dal punto di vista editoriale… Va bene, comunque stavamo parlando di Death Note. A parte qualche scelta, secondo me un pò azzardata, nel senso che in alcuni casi la logica del racconto è un pò stiracchiata perché in un contesto “reale”, i protagonisti, correrebbero sicuramente meno rischi… ma sarebbe stato anche meno divertente. Di qui la sfida del raccontare una storia realistica e avvincente, d’altronde, l’autore detta le regole e il lettore ne vive la storia seguendole ma a volte alcune cose non quadrano e non si può fare a meno di vederle. Detto ciò, il manga è molto bello, divertente e pieno di spunti di riflessione in un ambientazione in cui il bene e il male si confondono e qui sta la sfida per il lettore che è chiamato a rispondere, solo e unicamente a sé stesso, alla seguente domanda: Tu lo useresti il quaderno della morte?

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