Cosa fareste voi se trovando un quaderno scopriste che si tratta di uno strumento potentissimo, appartenente a un dio della morte? E cosa fareste se vi dicessero che scrivendoci sopra il nome di qualcuno, questi morirebbe entro poco tempo? Questa è l’idea che sta dietro alla storia del fumetto scritto da Tsugumi Oba e disegnato da Takeshi Obata. Il manga e ben disegnato, l’idea è intrigante e soprattutto la storia non dura in eterno. Sì, questa è la cosa o almeno una delle cose che più mi piacciono dei manga. La storia ha un inizio, una sua evoluzione e sembrerà incredibile ma finisce. E già, perché poi uno si domanda: ma possibile che i personaggi dei fumetti restino bloccati in un eterno presente? Cosa che succede per la stragrande maggioranza delle storie dei fumetti italiani e americani. Molti degli eroi più famosi dei fumetti dovrebbero essere ormai vecchi e stanchi se non morti; per non parlare delle trovate per riesumarli come improbabili rinascite, universi alternativi e chi più ne ha più ne metta; va bene che parliamo di fantasia ma almeno dal punto di vista editoriale… Va bene, comunque stavamo parlando di Death Note. A parte qualche scelta, secondo me un pò azzardata, nel senso che in alcuni casi la logica del racconto è un pò stiracchiata perché in un contesto “reale”, i protagonisti, correrebbero sicuramente meno rischi… ma sarebbe stato anche meno divertente. Di qui la sfida del raccontare una storia realistica e avvincente, d’altronde, l’autore detta le regole e il lettore ne vive la storia seguendole ma a volte alcune cose non quadrano e non si può fare a meno di vederle. Detto ciò, il manga è molto bello, divertente e pieno di spunti di riflessione in un ambientazione in cui il bene e il male si confondono e qui sta la sfida per il lettore che è chiamato a rispondere, solo e unicamente a sé stesso, alla seguente domanda: Tu lo useresti il quaderno della morte?